
Licenziamento per giusta causa e tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva
In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nella attività sussuntiva e valutativa del giudice.
Un’azienda aveva irrogato ad una sua dipendente la sanzione del licenziamento con preavviso ai sensi dell’art. 48, lett. A, comma d), del CCNL di categoria in quanto sorpresa dal suo referente di cantiere a dormire all’interno della sua autovettura in una zona dove era assolutamente vietato il transito per motivi di sicurezza durante il suo turno di lavoro.
Mentre il giudice di primo grado aveva respinto l’impugnazione del licenziamento da parte della dipendete, non così la Corte d’Appello, che aveva invece riformato la sentenza di primo grado, dichiarando risolto il rapporto di lavoro intercorso tra le parti con effetto dalla data del licenziamento e condannando la società al pagamento, in favore della lavoratrice, di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto oltre accessori.
La Corte aveva deciso ciò poiché se, per un verso, è vero che l’attività svolta dalla lavoratrice fosse stata correttamente sussunta nella previsione contrattuale di cui all’art. 48, sub. A) lett. d) e non già tra quelle meritevoli delle più blande sanzioni di cui all’art. 47, del CCNL adottato, per altro verso non vi era, però, proporzione tra fatto e sanzione per cui andava applicata l’ipotesi di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5.
Alle medesime conclusioni è giunta la Corte di Cassazione, che ha respinto il gravame proposto dall’azienda.
I giudici hanno infatti ricordato in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nella attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale di cui all’art. 2119 c.c.
Il giudice, infatti, non può limitarsi a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile ad una previsione contrattuale, essendo comunque tenuto a valutare in concreto la condotta addebitata e, quindi, la proporzionalità della sanzione.
La giusta causa di licenziamento, così come il giustificato motivo soggettivo, sono nozioni legali rispetto alle quali non sono vincolanti -al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo- le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione.
La giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo, in quanto causali del recesso datoriale, costituiscono, dunque, mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l’uno con effetto immediato e l’altro con preavviso.
L’obbligo del giudice di valutare la legittimità del licenziamento disciplinare, quanto alla proporzionalità della sanzione, anche attraverso le previsioni contenute nei contratti collettivi, trova un fondamento normativo nella L. n. 183 del 2010, che all’art. 30, comma 3, asserisce che nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e d’ giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
Le previsioni della contrattazione collettiva, pertanto, non vincolano il giudice di merito, con il solo limite prima indicato, e la scala valoriale recepita dalle parti sociali non esclude, comunque, la valutazione sulla proporzionalità della sanzione in ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
In altri termini, l’espressa tipizzazione della fattispecie da parte della contrattazione collettiva comunque richiede la mediazione della valutazione del giudice sull’accertamento della proporzione tra sanzione e fatto, con conseguente sua rilevanza in tema di individuazione delle conseguenze.
Cass. civ., Sez. Lav., 15 novembre 2021, n. 34422
Redazione Consortium Forense 1960