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Licenziamento per giusta causa

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Utilizzo illecito della tessera fedeltà da parte di una cassiera e licenziamento per giusta causa: la gravità dei fatti commessi dalla lavoratrice lede, in modo irreversibile, il rapporto fiduciario, anche sotto il profilo della proporzionalità della sanzione, indipendentemente dal valore dei beni acquistati personalmente dalla dipendente.

Una cassiera era stata licenziata per giusta causa perché, a seguito di accertamenti effettuati dall’ufficio sicurezza del supermercato presso il quale era impiegata, era emerso che la lavoratrice, durante il suo turno di lavoro in cassa, aveva utilizzato la tessera fedeltà numerose volte nella stessa giornata, nel corso di transazioni effettuate con clienti privi di tessera, allo scopo di accumulare illecitamente punti fedeltà, che aveva poi utilizzato per pagare i suoi acquisti personali ed erogando sconti non dovuti a clienti non aderenti al programma fedeltà.

Mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto illegittimo il licenziamento, considerando sproporzionata la sanzione irrogata e applicando la tutela di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18 comma 5, non così la Corte d’Appello, che aveva invece ritenuto i fatti accertati erano molto gravi, anche per le mansioni di cassiera svolte, e tali da ledere in modo irreversibile il rapporto fiduciario anche con riguardo all’aspetto della proporzionalità della sanzione espulsiva.

Dello stesso parere anche la Corte di Cassazione, che ha respinto il gravame presentato dalla cassiera.

I giudici, per quanto riguarda l‘onere della prova, hanno precisato che la Corte d’Appello, lungi dal porre tale onere sull’esistenza della giusta causa a carico della lavoratrice, ha ritenuto che la medesima fosse gravata dell’obbligo di fornire una prova contraria, rispetto a circostanza già ritenute dimostrate, quale fatto estintivo della sua colpevolezza; cosa nella specie mancata.

Per altro, in relazione al giudizio di proporzionalità, a differenza di quanto denunciato dalla ricorrente, è stato ritenuto che la gravità dei fatti commessi dalla lavoratrice aveva leso, in modo irreversibile, il rapporto fiduciario, anche sotto il profilo della proporzionalità della sanzione, indipendentemente dal valore dei beni acquistati personalmente dalla dipendente: proporzionalità della sanzione espulsiva valutata anche ai fini della prognosi futura di comportamenti improntati al rispetto e alla correttezza degli obblighi aziendali discendenti dal particolare rapporto di lavoro esistente tra le parti.

Si tratta ad ogni modo di un giudizio costituente tipico accertamento del giudice di merito che, se adeguatamente motivato e logicamente corretto, come nel caso di specie, non è sindacabile in sede di legittimità.

Cass. civile., Sez. Lav., 10 maggio 2022, n. 14760

Redazione Consortium Forense 1960

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