Il reddito rilevante per beneficiare dell’assegno di invalidità in relazione a periodo precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 5, va determinato in relazione al reddito individuale dell’invalido, senza tener conto del reddito del coniuge in aggiunta al reddito individuale. La vicenda aveva preso le mosse dalle doglianze di un cittadino, cui era stata negato dall’INPS il riconoscimento del diritto alla percezione dell’assegno di invalidità. Orbene, sia in primo grado che dinanzi alla Corte d’Appello, la sua domanda aveva trovato invece accoglimento, avendo i giudici riconosciuto tale diritto e condannato l’INPS al pagamento della relativa prestazione. Tuttavia, i giudici di secondo grado pur avendo riconosciuto il diritto alla prestazione in esame, ne avevano ancorato la decorrenza al momento successivo alla maturazione del requisito sanitario, per applicazione del limite reddituale familiare (piuttosto che quello individuale), fino all’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 5, convertito in L. n. 99 del 2013 (che invece ha previsto la rilevanza del solo reddito individuale), non avendo questa disciplina carattere retroattivo. Questa la ragione per cui l’assistito aveva poi presentato ricorso per Cassazione, gravame, si anticipa, accolto dalla Corte. Infatti, il D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 5, conv. in L. n. 33 del 1980, espressamente prevede che il limite di reddito rilevante per l’assegno è quello individuale e non anche quello familiare: la norma infatti prevede che con decorrenza 1 luglio 1980 il limite di reddito per il diritto all’assegno mensile in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 13 e 17 e successive modificazioni ed integrazioni, è fissato in Lire 2.500.000 annui, calcolati agli effetti dell’IRPEF, con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte. Tale disciplina che, limitatamente all’assegno di invalidità (cfr. Cass. 13880/13 e 8535/13), deroga al principio generale del cumulo dei redditi già stabilito dal D.L. n. 30 del 1974, conv. in L. n. 114 del 1974, trova applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del citato D.L. n. 663 del 1979, ben prima dunque delle modifiche normative dettate (per le sole pensioni) dal D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 5, convertito in L. n. 99 del 2013. La Cassazione ha per altro ricordato che, come già affermato dalla giurisprudenza, la disciplina del 1979 trova applicazione anche nel periodo successivo alla entrata in vigore della L. n. 247 del 2007, che non ha innovato al principio già stabilito per l’assegno di invalidità secondo il quale occorre far riferimento al reddito personale dell’assistito con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il predetto fa parte. Può dunque affermarsi che il reddito rilevante per beneficiare dell’assegno di invalidità in relazione a periodo precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 5, va determinato in relazione al reddito individuale dell’invalido, senza tener conto del reddito del coniuge in aggiunta al reddito individuale. Cass. civ., Sez. Lav., 12 aprile 2021, n. 9562 Redazione Consortium Forense 1960